Canoviana2012

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martedì 26 novembre 2013

Rivelazioni spagnole


Natura morta, 1658-1664 circa
Madrid, Museo Nacional del Prado

Spesso per noi italiani "natura morta" è sinonimo di Caravaggio. L'attenzione lenticolare al dettaglio, al particolare solitamente ci porta nelle fiandre. L'arte sovraccaricata di religiosità la si dà spesso a Bernini. Stiamo esagerando. Mettiamo il naso fuori dalla porta e diamoci un'occhiata intorno.
In Spagna, lavorò con successo Francisco de Zurbarán (1598-1664), artista raffinato e appassionato, pittore del re. 
Io ne avevo una conoscenza superficiale, pressoché da manuale, fino a pochi giorni fa. Una gita a Ferrara, a Palazzo dei Diamanti, dove il pittore spagnolo è in mostra, mi ha cambiato prospettiva.

 
Ferrara, il Castello Estense e Palazzo dei Diamanti visti da Osservarte

E ho scoperto un universo magico, fatto di nature morte prepotenti e di una religiosità carica di intensità (e di Controriforma) e di un naturalismo raffinato. 
Tra estasi metafisiche e Vergini immacolate di una levità avvincente si sviluppa l'arte di questo spagnolo dal pennello svelto ed efficace.
Il pennello di un artista in bilico tra la popolarità di Diego Velazquez e la promessa fama del giovane Bartolomé Esteban Murillo, schiacciato dalla grandezza del primo e dal devozionalismo del secondo si distingue per l'astrazione in cui fa vivere certi personaggi. In linea con le esigenze della pittura di Riforma Cattolica, Zurbarán talvolta svuota i propri dipinti di qualsiasi ambientazione, avvolgendo le figura in un indefinito buio. Luce e ombra fanno da protagonisti in un'opera del calibro del San Francesco di Milwaukee.

San Francesco, 1635 circa
Milwaukee Art Museum

Altre volte, invece, egli ambienta le scene nella semplicità del quotidiano, rendendole fruibili a tutti. E intenerendo anche gli animi più algidi. Il ditino della Vergine Bambina addormentata che tiene il segno nel libro è uno dei brani più delicati della storia dell'arte! Alle spalle del sonno e della meditazione della bimba si legge la personale riflessione del pittore su La malinconia dureniana, del quale quasi sfrutta il modello iconografico come presagio per il futuro di Maria. 
Vergine Bambina addormentata, 1655-1660 circa
Jerez de la Frontiera, Capitolo della Cattedrale

E che dire delle estasi? Trattasi della perfetta fusione tra la monumentalità  e il realismo più radicale, senza però tralasciare la rappresentazione di un'espressività intensa e (probabilmente) personale. 
Immacolata Concezione, 1635 circa
Sigueza, Museo Diocesano,
deposito della "Fundaciòn Perlado Verdugo", Jadrague
Mi affascina in maniera particolare l'uso che Zurbarán fa della prospettiva, incrociando vari punti di fuga in maniera asimettrica e creando scorci che sono al limite della metafisica. 
Un'ultima cosa, prima di chiudere questo post sulla mia nuova "scoperta": le nature morte da cui siamo partiti...andate a Ferrara e guardatele con attenzione. Un vaso, un fiore, una bacinella assurgono al ruolo di protagonisti con la dignità degna di un sovrano e si fanno interpreti privilegiati dell'arte di Zurbarán. 
Una tazza d'acqua e una rosa su un piatto d'argento, 1630 circa
Londra, The National Gallery
Il punto di vista degli oggetti, la luce che li disegna e la calma che regna creano un'atmosfera che sfiora il limite dell'atarassia. E anche noi non possiamo fare a meno di sentirci partecipi di questa "perfetta pace dell'anima".


domenica 10 novembre 2013

La trascendenza dell'immanenza.


La Basilica di Santa Croce in Firenze
vista da Osservarte
Camminare lentamente nell'atmosfera soffusa delle navate di Santa Croce è uno dei più puri piaceri dello spirito.
Lo sguardo basso ripercorre sul pavimento le vite dell'aristocrazia fiorentina, tra una lapide e l'altra. Spesso vanamente ci si sforza di interpretare un'iscrizione o una fisionomia consumate dai passi dei pellegrini. Puntando, invece, il naso verso l'alto e dedicando l'attenzione alla cappelle e agli altari, sembra di vivere in un manuale di storia dell'Arte: Giotto e la sua scuola, Desiderio da Settignano, Donatello... e tanti altri ornano le pareti della basilica francescana arricchendole con la qualità eccelsa della loro arte.
La Chiesa, però, forte dei versi che le ha dedicato Ugo Foscolo, trae l'elemento più affascinate e coinvolgente dalla presenza di tombe di personaggi celebri, delle "Itale glorie". Niccolò Machiavelli, Galileo Galilei , Michelangelo e lo stesso Ugo Foscolo godono qui l'eternità della morte, celebrati, osannati e ricordati ogni giorno. 
Il mio obiettivo oggi è indirizzarvi ad altro, a una tavola che sembra appoggiata lì per caso, che quasi sparisce. Mi riservo, pertanto, di trattare del pantheon fiorentino in un altro momento, per non accumulare in un unico post le forti emozioni (e anche gli affetti!) che mi suscita il pellegrinaggio dove "l'ossa / fremono amor di patria" e il crudo dolore che traspira dalla Pietà del Bronzino.
Accanto al quinto altare della navata sinistra si staglia umilmente uno dei capolavori del famoso manierista.

La Basilica di Santa Croce in Firenze
vista da Osservarte:
la navata sinistra
Nell'immaginario collettivo Bronzino è noto soprattutto per i ritratti e per l'Allegoria (1545) oggi alla National Gallery di Londra. Il dipinto inglese si distingue per una pennellata smaltata che completa un disegno finitissimo; un'immagine dettagliata che contrasta con un soggetto ambiguo, una complessità formale tutt'ora al centro di un dibattito critico vivacissimo
Per parlare dei ritratti bronzineschi, servirebbe un blog ad hoc, con più post dedicati a una sola opera. 
Bronzino, Eleonora di Toledo
e il figlio Giovanni
, 1545,
Firenze, Galleria degli Uffizi
In Bronzino, la rappresentazione psicologica e individuale degli effigiati sembra annullarsi nell'elegante apparato che li incornicia, tra l'eleganza delle vesti e degli oggetti che ne stabiliscono il rango. Un esempio per tutti, Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni (1545): su uno sfondo freddo e tagliente si stagliano la madre e il figlio, offerti all'osservatore come due oggetti preziosi. La ricchezza delle vesti, gli incarnati serici e la totale assenza di emozioni (anche nel bambino!) fanno di questa tela l'emblema dell'atemporalità aulica del Bronzino ritrattista. Il tempo si è fermato, la luce indugia sulle perle e sul damasco, la stabilità delle pose suscitano nel loro insieme un'impressione di incombente vicinanza e di inaccessibile monumentalità. Si tratta della più pura immagine del potere.
Bronzino, Eleonora di Toledo e il figlio Giovanni, 1545
Firenze, Galleria degli Uffizi, dettagli
Venticinque anni dopo il ritratto della moglie del Duca di Firenze Cosimo I, Bronzino dipinge una Pietà per Giovanni Battista della Fonte, da collocare nell'altare di famiglia in Santa Croce. Nel passaggio da un'arte di stato a un'arte sacra, l'artista rimane assolutamente fedele a sé stesso e si conferma pittore del dettaglio. 
La barba di Cristo, i riccioli dell'angelo e i lineamenti della Vergine.
I colori sono ancora brillanti e creano contrasti di intensa drammaticità. Le carni eburnee del cristo si scontrano con il verde deciso delle ali dell'angelo.
Mollemente abbandonato nell'abbraccio disperato della madre, il corpo morto (morente nel disegno preparatorio) di Gesù si fa armonica fusione del linguaggio di Michelangelo e di quello di Pontormo: Bronzino ha superato il michelangiolismo degli anni precedenti e lo ha integrato alla formazione pontormesca. Egli, inoltre, articola il gruppo assecondando il formato verticale della tavola. Il risultato è una monumentalità meditata, che si rende accessibile e si fa doloroso capolavoro.
Non è questa la sede per analizzare la religiosità personale dell'artista, cresciuta e maturata in un momento storico delicatissimo per il Cristianesimo (chiamiamola "Età della Controriforma"); le opere tarde raramente risentono di una sua visione personale, incarnando piuttosto i tormenti e le paure di un'epoca. Nei suoi versi si sente spesso dileggiare Lutero, ma non si legge mai una vera dichiarazione di fede. Tuttavia, guardando la pennellata di uno smalto a tratti cupo di questo dipinto, la sensazione di una gratitudine sincera nei confronti del sacrificio di Cristo mi sembra di sentirla. 


Bronzino, Pietà,  1569, 223 x 84.5 cm
olio su tavola in tabernacolo ligneo policromato e dorato,
Firenze, Basilica di Santa Croce

Il dolore della Madre trasuda dalla tavola, consumando la commozione di chiunque. 


lunedì 4 novembre 2013

L'offerta

Caravaggio, frequentando la strada, inventa la fotografia. In un interno di bottega, buio, la luce di un riflettore investe un gruppo che sembra all'improvviso distolto dall'impegno di contar denaro per una imprevista variazione di programma: l'arrivo di due pellegrini, che invece di chiedere assistenza vengono a proporre qualche novità, qualche nuovo affare. "Tu, proprio tu!", sembra indicare con la mano a mezz'aria il personaggio appena arrivato, insieme misterioso e sicuro di sé.

Caravaggio, Vocazione di San Matteo, 1599-1600, San Luigi dei Francesi, Roma
vista da Osservarte

Noi siamo lì, testimoni di questa offerta che non si può rifiutare.

[Vittorio Sgarbi, Caravaggio, Milano 2005, p. 43]