Canoviana2012

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venerdì 18 ottobre 2013

Ritorno dai Campi Elisi

Arles è famosa per essere uno dei protagonisti dell'opera di Van Gogh e di Gauguin. Il secondo non amò la città provenzale, forse anche in virtù dei continui litigi con l'amico-collega. Il primo, invece, trovò nei colori e nelle atmosfere di Arles una delle fonti di ispirazione più ricche ed emozionanti.
Van Gogh spese ad Arles quasi tutto il 1888 e l'inizio del 1889; trecento quadri in 15 mesi. Fu un periodo emotivo durissimo, ma egli si lasciò alle spalle tele dalla cromia forte e dalla pennellata vigorosa, una pennellata nella quale ancora oggi si riconoscono le strade e le case della città!

Arles vista con gli occhi di Van Gogh
«Non seguo alcun sistema di pennellatura: picchio sulla tela a colpi irregolari che lascio tali e quali. Impasti, pezzi di tela lasciati qua e là, angoli totalmente incompiuti, ripensamenti, brutalità [...] gli spazi, limitati da contorni espressi o no, ma in ogni caso sentiti, li riempio di toni ugualmente semplificati, nel senso che tutto ciò che sarà suolo parteciperà di un unico tono violaceo, tutto il cielo avrà una tonalità azzurra, le verzure saranno o dei verdi blu o dei verdi gialli, esagerando di proposito, in questo caso, le qualità gialle o blu». Era così che il pittore olandese lavorava in Provenza, dipingendo la "sua" Camera da letto e La casa Gialla, il giardino e la Corsia dell'Ospedale di Arles.
Ma non è del lavoro di Van Gogh ad Arles di cui voglio parlare. Chiedo scusa, mi ero distratta dietro alla purezza del pigmento vangoghiano!
Vorrei, piuttosto, raccontarvi di  un luogo magico, dove non solo il tempo si è fermato, ma anche la memoria dell'uomo, in un trionfo di fatti e trasformazioni.
Les Alyscamps d'Arles
La città Arles si affaccia sul Rodano sin dal VII sec. a.C., quando nacque l'emporio commerciale Théliné che i Romani avrebbero ribattezzato Arelate nel I secolo a.C. Non è il momento di ripercorrere le storie e le avventure della città (colonia romana, residenza favorita dell'imperatore Costatino e sede del Concilio del 314), ci basta sapere che parallelamente al nucleo urbano si svilupparono cinque necropoli, corrispondenti ad altrettante strade principali. A sud-est, sulla via Aurelia, si trovava quella degli Alyscamps, la più conosciuta. E la più magica.
Vi riposano il santo martire Geneset e i primi vescovi della città, accanto ai quali sin dal V secolo si fecero seppellire arlesiani di ogni censo. E la necropoli si popolò di sarcofagi magnifici e di sacelli!
Un sarcofago
Nell'XI secolo fu costruita la Chiesa di Saint-Honorat, dedicata al vescovo del V secolo, e pochi decenni dopo la città (e la necropoli!) divenne una delle tappe obbligate per i pellegrini diretti a Santiago de Compostela. 
Nell'ultimo decennio del Cinquecento il luogo sacro cominciò a subire le esigenze di una città che si stava ampliando, di un centro moderno ed efficiente e l'estensione della necropoli diminuì. Ciò però non impedì agli Alyscamps di diventare un "museo a cielo aperto"; nel XVIII secolo, infatti, furono riuniti nella corte della Chiesa di Saint-Honorat i numerosi oggetti archeologici rinvenuti nella città. Questi oggetti andavano ad arricchire il lavoro effettuato dai Frati Minimi nel Seicento, che avevano collocato splendidi sarcofagi lungo il viale che conduce alla  Chiesa di Saint-Honorat.
Il primato di uno dei primi musei archeologici francesi cessò presto... la Rivoluzione Francese e la costruzione della linea ferroviaria ne diminuirono ancora una volta i confini. 
La privazione dei sarcofagi più belli, il furto dei terreni, non minarono il fascino e l'aura degli Alyscamps arlesiani, i "Campi Elisi" della mitologia romana, la via percorsa dagli eroi per giungere nel regno dei morti.
Les Alyscamps visti da Paul Gauguin
Nel XIX secolo si determinò in maniera definitiva la fisionomia di questo luogo, celebrato tanto da Alexander Dumas, quanto da Dante Alighieri, che nell'Inferno, tra le tombe infuocate e scoperchiate degli eretici, evocò sepolcri sparsi nell'antica necropoli di Arles.
Un luogo cosi carico di storia e di storie non poteva non impressionare il pittore olandese dal quale ha preso avvio il discorso. 
Van Gogh dipinse quattro volte gli Alyscamps e anche il suo collega francese Gauguin si lasciò tentare dalle suggestioni spaziali e cromatiche della necropoli. Quest'ultimo incarnò nel pigmento i valori simbolici e storici del luogo, con una pennellata morbida e una cromia dolce e brillante e con uno scorcio azzardato, selezionò le rovine delle necropoli da elevare a simbolo. Al contrario, Van Gogh svuotò il viale alberato di storia e leggenda, per farne un luogo animato dal passeggiare della gente. La differenza nell'approccio probabilmente è figlia dei continui contrasti tra i due che, si è detto, nel 1888 lavoravano e vivevano gomito a gomito ad Arles... e litigavano sempre! I loro Alyscamps sono agli antipodi, ma in entrambe le interpretazioni trasuda la meraviglia dell'incontro tra luci e colori, che creano un ricamo di arte e poesia. 
Les Alyscamps che dipinsero loro, solo quelli in cui passeggiamo noi.

Vincent Van Gogh: sguardi sugli Alyscamps di Arles
Il viale trova il suo momento più bello percorso al mattino presto, in un giorno di autunno. L'aria è pungente, ma il sole scalda. Le foglie degli alberi cominciano a imbrunire, mentre le ombre giocano con le sagome delle rovine.

Saint-Honorat, Les Alyscamps, Arles
secondo Osservarte

Les Alyscamps, Arles
secondo Osservarte






martedì 15 ottobre 2013

Monet/Catullo

Iam mens praetrepidans avet vagari,
iam laeti studio pedes vigescunt.

Claude Monet, Strada nella foresta di Fontainebleau, 1864

(Già freme il cuore in ansia di vagare, / Già lieto il piede sente nuova forza)
Catullo, Carmina, 46

venerdì 11 ottobre 2013

ANTIQUARIEGGIANDO

Firenze, Palazzo Corsini.
Uno dei più preziosi palazzi del capoluogo toscano apre le porte a uno dei più importanti appuntamenti per gli amanti dell'Antico, la Biennale Internazionale dell'Antiquariato.
Non è questa la sede per raccontare vicende e persone di questo evento, perché sul sito della Biennale stessa trovate una miniera di informazioni. 
Vorrei soltanto consigliare una piccola gita a Firenze, usando come scusa questa mostra-mercato. Mercato perché alcuni tra gli antiquari più importanti del mondo mettono in vendita pezzi eccellenti; mostra perché si tratta proprio di un'esposizione temporanea. 5-13 Ottobre, queste sono le date nella agenda duemilatredici. AFFRETTATEVI!!!


Sinceramente, è un godimento per lo spirito. Non è l'addetto ai lavori che parla, ma la persona abituata a osservare (non guardare!) la realtà degli uomini che la circondano. Non ho visto una faccia annoiata, solo espressioni stanche...a fine corsa. Ma era una stanchezza appagata dalla meraviglia delle cose viste.
Qualche nome per attirare anche i meno curiosi in quest'orgia intellettuale: Pellegrino Tibaldi, il Sodoma, Gaetano Gandolfi... un po' di Macchiaioli e Lucio Fontana. Mi fermo qui.
Si sente il fervore e la passione dei cultori, di chi colleziona e di chi studia queste cose; si sente il nervo saldo degli antiquari "al lavoro"; si sente il brusio della curiosità che si è accesa. E le chiacchiere in sottofondo sono una melodia di informazioni preziose, per chi studia, per chi lavora e per chi è lì per caso!
Un ultimo consiglio. Mentre passeggiate per le sale, tra un espositore e l'altro, puntate il naso all'insù e guardate la meraviglia delle mura che vi ospitano! 

lunedì 7 ottobre 2013

À la recherche du temps perdu

C'è un posto dove la memoria si unisce al rimpianto, dove occhiate languide bramano un passato che non gli appartiene, mentre un vociare sconnesso fa da sottofondo all'odore dell'antico.
Questo posto è qui vicino, basta prendere la strada per Parma e fermarsi alla fiera. Il Mercanteinfiera. Mostra internazionale di modernariato, antichità e collezionismo apre le porte due volte l'anno, in autunno e in primavera. È una sorta di città antiquaria nella quale più di mille espositori provenienti da tutta Europa espongono e  vendono le loro delizie. 

Delizie, sì, perché il cultore non pensa ad altro se non al dolce benessere che trae dal possesso.Possesso di cosa? Possesso dell'oggetto del culto. E anche chi è lì per caso spera sempre di trovare.
Appassionati, curiosi, collezionisti e melanconici passeggiano tra banchi e padiglioni in cerca della svolta. Altri sono annoiati, hanno accompagnato qualcuno e aspettano solo il momento della partenza.
Tutti, però, sono accomunati dal desiderio di prendere e possedere uno di questi oggetti.
Mobili, dipinti, foulard, cristalli, ceramiche...gioielli. Veramente, ce n'è per tutti i gusti e i portafogli!
C'è un padiglione dedicato al antiquariato vero, quello dei mobili che profumano di antico e delle tele che traspirano storia. Lì vedi aggirarsi anime guardinghe, in cerca dell'affare...o dell'amore. 
C'è un padiglione dedicato al modernariato. Lì vedi leziose signore alla ricerca della'accessorio vintage o collezionisti convinti che scrutano tutto con l'occhio del filologo.
Quest'anno c'è un padiglione dedicato alle auto...dove si assaporano i profumi del l'olio e dei motori del secolo scorso.
Tutte queste anime sono accomunate da un comune senso di malinconia, che sfocia nella ricerca quasi ossessiva dell'oggetto che viene dal passato, della storia. Una storia che anche se non è la loro quasi gli appartiene, in quanto essi stessi portano avanti la vita dell'oggetto.
Vintage E.Pucci & Loewe
Ho visto un delizioso abitino anni '70 di Pucci; nel contemplarlo non ho potuto fare a meno di pensare alla donna elegante che lo indossò quarant'anni fa. Immagino che lo stesso procedimento mentale si sia verificato nella testa del signore che pochi metri più in la accarezzava un tavolino Luigi Filippo. Sicuramente, mentre socchiudeva gli occhi, vedeva le lunghe basette del primo soddisfatto proprietario del tavolino!
Google image

Al Mercanteinfiera funziona così.
Un cocktail di euforia e malinconia accompagna il visitatore. 
L'emozione di chi raccoglie con ossessione oggetti, vintage o antichi, e che li cerca con spasimo febbrile. L'emozione di chi trova. La malinconia, invece, è quella di chi cerca con passione qualcosa e non trova, ma è anche quella di chi si ferma a pensare alla storia degli oggetti che gli scorrono davanti. 
C'è l'euforia di chi colleziona e c'è la malinconia di chi è alla ricerca del tempo perduto.





http://mercanteinfiera.it

sabato 5 ottobre 2013

Lo specchio nella sedia

Raffaello "fece in Roma un quadro di buona grandezza, nel quale ritrasse papa Leone, il cardinale Giulio de’ Medici e il cardinale de’ Rossi, nel quale si veggono non finte, ma di rilievo tonde le figure; quivi è il veluto che ha il pelo, il damasco a dosso a quel Papa, che suona e lustra; le pelli della fodera morbide e vive, e gli ori e le sete contrafatti sì che non colori, ma oro e seta paiono. Vi è un libro di carta pecora miniato che più vivo si mostra che la vivacità, et un campanello d’argento lavorato, che non si può dire quanto è bello. Ma fra l’altre cose vi è una palla della seggiola brunita e d’oro nella quale, a guisa di specchio, si ribattono (tanta è la sua chiarezza) i lumi de le finestre, le spalle del Papa et il rigirare delle stanze; e sono tutte queste cose condotte con tanta diligenza che credasi pure, e sicuramente, che maestro nessuno di questo meglio non faceria né abbia a fare" scrisse ammirato Giorgio Vasari. che copiò il dipinto nel 1536!
             
Raffaello Sanzio
Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de'Medici e Luigi de'Rossi 
1518-1519, Firenze, Gallerie degli Uffizi